su letto. Ho milioni di cose da fare.
Sapete quel video del tizio che fa vedere ad una classe di studenti come si riempia subito, il boccaccio, quando ci metti dentro sabbia e ciottoli. Poi non riesci più a infilarci le pietrelle, i sassolini e i sassi veri. Quelli grossi. Quindi, ci spiega, dovresti andare dal più grande al più piccolo: sassi, sassolini, pietrisco, sabbia e infine acqua. Et voilà! (gli studenti sono attoniti e fanno sì con la testa). La lezione è semplice: bisogna disporre le cose in ordine di priorità. Le faccende della vita, dalle più importanti (gli affetti) alle meno significative (boh, qualsiasi cosa è significativa in fondo).
Interessante davvero. Ci penso sempre a questa cosa. Di solito lo facciamo automaticamente, sotto scadenza, di mettere le priorità in una rigida fila. Ma se le scadenze sono lontane?
Per quanto mi riguarda sono fatta così: se ho una scadenza più o meno vicina, faccio tutto meno che ciò che dovrei fare a breve. Leggo in meme e vignette che siamo tutti fatti male in questo senso (non so se come genere umano o generazione), è come se godessimo nel non affrontare le nostre responsabilità.
Sul letto, con mille cose da fare (fra un paio d’ore vado a lavoro e avrò la scusa di stare fuori tutto il giorno, come anche ieri del resto). Mi sono messa a scrivere qui perché non scrivevo da una vita, ma soprattutto per ribadire il punto che è meglio qualsiasi altra cosa che quello che mi farebbe sentire più responsabile.
Si tratta forse di una forma di masochismo disfattista?
Lasciando perdere la psicoanalisi, noto che, quando mi abbandono nel mare di “cose inutili”, provo dolore e piacere allo stesso tempo. Dolore nel constatare di essere incapace, alla veneranda età di (quasi) 33 anni, di tenere fede agli impegni organizzativi presi con me stessa. E quindi mi schifo. Contemporaneamente godo nel rifuggire l’autorità, fosse solo la mia. Lo stress a cui mi sottopongo razionalmente.
Salto, canto, ballo, alla faccia mia! La mia forma di protesta a questa vita di merda nella quale mi forzo d’integrarmi e invece no. Invece andate tutti a fanculo. Pure tu che stai leggendo e giudichi immaturo tutto ciò, ma sotto sotto fai le stesse cose (o vorresti farle e non ci riesci?).
Quando facevo il vecchio lavoro innominabile, mi svegliavo ogni santo giorno con la sveglia. Era semplice, molto semplice. Odiavo dal risveglio al momento del sonno, con grandissimo sforzo di non odiare, con pause reali di emotività condivisa con clienti, colleghi e amiche. Una specie di Y nel codice morse.
Al momento sono semplicemente molto molto stanca, nel turbinio di impegni presi per non sentirmi immobile, e protesto perché non ho tempo per fare le cose con amore.
Mi chiedo, comunque, se sarei in grado di farle lo stesso o è una cosa che mi racconto. Non l’ho ancora capito.