grottesko, pt. 1

A Fujiko non è permesso entrare in cucina, nella camera da letto degli ospiti, ma soprattutto in bagno. Questo è, facile a capirsi, colpa del pelo, quel suo bel pelo lunghissimo e lucido, dal valore inestimabile. In realtà, la questione del pelo si incontra con la fissa tipica dei Maine coon, quella che li porta ad essere attratti dall’acqua.

Insomma Fujiko rischiava di bagnarsi tutta e di andarsene in giro per casa o, peggio, nella lettiera, tutta bagnata. Vi lascio immaginare.

Per due giorni e mezzo siamo stati attentissimi. Stamattina l’ho fatta entrare in bagno coprendo il bidet con l’asciugamano, perché volevo vederla illuminata dai raggi del mattino.

Come pensate possa essere andata? Fujiko è stata un po’ nel bidet, poi si è seduta sul gabinetto (chiuso), infine, annoiata, se ne stava uscendo quando ad un tratto, con uno scatto incredibile, è saltata sulla doccia – sì, letteralmente- che le ha fatto da perno per salire sul mobiletto del bagno. Il mobiletto più alto del mondo.

Lì, si è accomodata.

Come prenderla?

la regina dei gatti mi guardava da lì come se non avesse mai fatto altro nella vita che osservarmi da lì. Ma io dovevo andare, e quindi mi sono organizzata per recuperarla. Un gattone pesantissimo ma molto dolce: si è fatta prendere e portare fuori con solo qualche miao di protesta.

Vi risparmio l’inseguimento nella stanza da letto (si è infilata sotto il letto e non voleva saperne di uscire, ovviamente) e salto direttamente alla gestione dei trasporti.

Avevo deciso, su suggerimento di R., di prendere l’8 o il 9 fino a Porta Nuova, da lì cambiare con l’1 fino alla funicolare e infine salire con quella fino alla città alta. Da piazza del mercato delle scarpe sarebbero stati due minuti in salita per l’ufficio.

Tutto procede abbastanza liscio, solo qualche minuto di attesa tra un mezzo e un altro, ma io mi sentivo padrona della situazione e molto serena. In funicolare una vecchietta mi si rivolge come se mi conoscesse “non ci si vede !” dice, abbassandosi gli occhiali appannati. Poi attacca bottone con una signora straniera e una bimba che non capiscono un tubo ma annuiscono.

Arrivo in poco, poso le valigie e scendo a recuperare un libro alla sede di S. Agostino. Passo davanti a Palazzo Moroni che speravo fosse aperto (volevo andare lì a leggere), ma il lunedì è chiuso, segnatevelo. Continuo a scendere per via porta dipinta e quando arrivo alla piazza, la stessa che avevamo visto anche ieri, mi rendo conto che non ho idea di come entrare nella sede ed effettivamente non è per nulla chiaro. Un viandante mascherinato mi indica una porta che era stata invisibile fino ad un attimo prima (non era invisibile, era semplicemente un cancello su un parcheggio che sembrava quello della chiesa perché era quello della chiesa, privo di indicazioni relative all’università). Quando sono dentro allibisco per la bellezza e per la quiete.

Il libro mi aspetta.

Tutto è molto tranquillo e in ordine.

Raggiungo T. al ristorante, ci mettiamo al sole a parlare delle nostre storie e vicissitudini. Lui dice che non dovrebbe mangiare o bere, ma poi mangia e beve. Io, come al solito, sono mezza inappetente e noiosa: mangio poco, non bevo (sono in detox, come ogni lunedì), mi incazzo a caso.

Tornati in studio ho giusto il tempo per capire che cosa devo fare che inizia il corso e sono già a Rosate, dove l’usciera mi tratta bruscamente perché non ho la prenotazione per le lezioni, fino a che non comprende che la docente sono io.

Tutto scorre, ma poi devo tornare in ufficio a recuperare la valigia e andare a fare il check-in nell’altro BnB. Sono le 17:50. Arriverò all’altro bnb alle 19. Ma questa è un’altra storia.