stupidi post

– Ho l’impressione che tu sappia benissimo cosa devi fare-

Mi infilo un altro po’ di cibo in bocca, guardando altrove. Non ho voglia né di confermare né di smentire la sua affermazione.

– Nel senso, le tappe da seguire-

Continua, forse pensando che io non abbia capito o sia distratta quanto il mio sguardo suggerirebbe.

– Basta con quei post-diario sul blog- insiste, a mettere in chiaro, a mettere i puntini. – per carità, sono bellini. E poi, come si dice, “dove c’è gusto non c’è perdenza”.

Ridacchio, ma non sono felice. A nessuno piace sentire le cose che sa, uscire dalla bocca di altri.

– Per ironia della sorte è proprio dove finirai…- gli dico, infilando in bocca altra pasta

– Sul blog, intendi? – Sorride mentre mastica

Mugugno annuendo

– Beh allora è una fortuna che io non esista!

– Non esisti certo meno di me, in ogni caso…

– Approfittiamone: dimmi una cosa pazza e vediamo che succede

– Vorrei essere capace di aprire bene gli assorbenti. Dalla scatola, intendo. Aprirli per bene, in modo tale che la scatola sia richiudibile e non squarciarla come se stessi cercando di ucciderla

Ride, ma so che sta cercando di concentrarsi su qualcos’altro. Qualcosa di ficcante, per tornare sull’argomento.

– sì e poi ovviamente l’assorbente – continuo io – col suo involucro che dovrebbe essere facile da aprire, ma se la marca non è ottima rimane incollato all’assorbente taleqquale

Sorride, continua a masticare.

– Infine le varie cartuscelle delle ali. Anche lì se spendi di più ti trovi meglio.

Annuisce, ha smesso di masticare e ha preso il tovagliolo.

– Beh però forse attaccarlo con precisione alla mutanda è ancora più difficile ora che ci penso.

– Ok, ok, ho capito. Non mi fraintendere, amo gli assorbenti. Ho due sorelle e mia madre li lasciava sempre in giro. Però abbiamo capito dove vuoi arrivare…

– Ah, sì?

– Ma sì. Vuoi usare questo spazio per parlare dell’ingiustizia di essere donna, del fastidio del corpo, della tampon tax.

– Sto diventando banale, dici?

– Beh un po’ sì, dai. Parli sempre delle stesse cose e non ci guadagni nemmeno un cazzo. Hai trent’anni

– trentatrè

– ci siamo capiti. Hai trentatrè anni, c’è bisogno di un salto di qualità. Qualcosa che ti proietti fuori dai soliti discorsi e ti costringa a guardarti dentro con più cura.

– parli in maniera saggia

– è logico. Hai notato che nei tuoi post finisci sempre per dare il ruolo del saggio/riflessivo/maturo all’interlocutore?

– certo, così le mie battute sembrano più brillanti.

– beh, in ogni caso stavolta ti stai impegnando poco perché non leggo nulla di brillante.

Abbiamo finito di mangiare contemporaneamente. Non succede mai, ed è per questo che so che non è vero.

– Oh, è arrivato G.!- penso, ma non lo dico. Mi piace sempre molto indugiare nei silenzi, almeno nella scrittura.

G. si avvicina al tavolo che già parla, ma non ho capito cosa stia dicendo. N. gli dice – non ti preoccupare, non ti preoccupare- lo ripete sorridendo. Se la cava davvero bene con le scuse degli altri.

– Avevo un sacco di lavoro, ma sono felice che voi non mi abbiate aspettato. Caffè?-

G. sorride. Lo aspettavamo un’ora prima, abbiamo aspettato un po’ poi gli abbiamo comunicato che avremmo iniziato senza di lui. Sembra in ogni caso tranquillo. Io lo sono, dal momento che ho la pancia piena.

– Sì, andiamo dai-

Paghiamo il conto alla romana, dopo un po’ di insistenze, e riprendiamo il discorso al bar. G. non ci mette niente a capire che è il momento di mitragliarmi.

– Sono d’accordo con N.

– e figuriamoci

– dai, lo sai che ha ragione. È davvero ora di finirla con questi stupidi post.-